Io (max) e Ninja partiremo in direzione mitteleuropa, la notte stessa. Entrambi in dolce compagnia. Qualche ora di sonno a Malpensa e poi in volo nel cielo del primo mattino. Altre risicate ore di sonno in albergo e poi giù, anzi su, nella città alta a visitare una Budapest ancora tutta da scoprire. Lonely Planet sottobraccio e via a tutto il più classico repertorio turistico. Finiremo anche con tanto di cappellino di paglia in testa, sul pullman del city sightseen e non ci faremo nemmeno mancar il giro in battello sul Danubio.
In seguito, una volta compresa in linea di massima la geografia, ci lanceremo in escursioni più mirate e meno dozzinali (passerò una mattinata sulle orme della psicanalisi Ferencziana). Non senza prima avere completato il protocollo con la classica giornata alle terme quelle meravigliosamente liberty dell'hotel Gellert. Talmente goduriosa che ad ascoltarne il resoconto Boosta e Vicio chiederanno di poterci tornare insieme.
La prima visita allo Sziget è per i Gorillaz sound system. Il festival è impressionante per struttura e quantità di persone. Anche l'atmosfera è singolare, si ha realmente la percezione che l'Europa incominci ad esistere anche fuori dai disegni legislativi e dalle emanazioni tecnocratiche. Un'Europa giovane rumorosa e bella.
In pratica il festival si svolge sull'intera isola fluviale di Obuda, che per una settimana diventa libero territorio apolide della musica e dei suoi protagonisti. Quasi una decina i palchi che vanno dall'enorme main stage (dove suoneremo noi), al tendone elettronico, passando per il palco metallaro, quello reggae , quello world, quello del teatro e molti altri. Il tutto circondato da tende piazzate ovunque. Non manca ovviamente la colonia italiana, ovvero il campeggio di Ettore che con simpatico accento barese ci spiega "organizzo la situazione qui allo sziget da otto anni e all'inizio mi dicevano mooo che stai afffere, la situazione solo italiana? Poi però io tanto lo so che : lavvuoi la doccia o non lavvuoi la doccia? Mò pure che ci hai la cresta ribelle, la vvuoisichelavvuoi la doccia. E ti piace pure pulita. E io qui te la faccio trovare. E che vuoi mangiare bene o non vuoi mangiare bene? E alla fine qui c'è pieno di gente."
Cucine da strada, giostre adrenaliniche, stand artigianali, persino un curioso Chuck Norris bar, luci e suoni giorno e notte, ma senza quella estraniante sensazione da fiera dello squallore, che in Italia finisci quasi sempre per provare dai megafestival, alle feste del Pd.
Dopo due giorni vacanzieri, alle 11,30 del 14 Silvia Magoni, eletta all'unanimità comandante in capo, convoca noi, Cipo, Tony, Rudy, Sem e il giovane Enrico (addetto ai guasti della strumentazione di Boosta) per la partenza vero il mainstage. Sarà dei nostri anche Mirco Veronesi, in veste amichevole ma in procinto di riprendere il suo ruolo di direzione di produzione nella nuova avventura.
Il backstage e il ristorante dietro il palco sono a misura di star, la serata avrà infatti come head liners gli Iron Maiden.
L'organizzazione è impressionante. Fà un certo effetto vedere la scritta Subsonica stampata in verticale su lamiera, di fronte a quella di ugual misura dei Maiden, che indica il camerino. Dietro il palco riconosciamo Johnny Marr, già chitarrista degli Smiths, ospite dei giovani britannici The Cribs, la band che salirà subito dopo di noi. Devo ammettere, che essendomi formato musicalmente negli anni' 80, provo una certa emozione a chiacchierare insieme a Boosta con lui al punto che senza più trattenermi gli domando spudoratamente foto e autografo. Con Marr parleremo abbondantemente prima e dopo il concerto, ricevendo anche i suoi complimenti. Naturalmente lo riforniremo a dovere di cd e dvd subsonici, incrociando pure i contatti.
Vicio e Boosta invece sono in completa fibrillazione per i Maiden. Ma questa cosa la facciamo raccontare a loro.
Nel camerino un quarto d'ora prima dell'inizio c'è un po' di tensione, dovuta alla consapevolezza di giocare nell'arco dei successivi settanta minuti la possibilità di una futura presenza massiccia nei festival europei. Le incognite sono
a) dopo un anno di blocco forzato saremo in grado di gestire un palco così grande?
b) come reagiranno i fan dei maiden già posizionati dalle prime ore del pomeriggio sotto il sole a picco, quando spareremo i brani con la cassa in quattro?
neanche il tempo di darsi una risposta che è già ora di salire.
Sulle prime note dub reggae della versione di "Piombo" le facce dei metallari si fanno comprensibilmente cupe e le dita medie di sollevano. Alle loro spalle però sventolano bandiere tricolori che nemmeno alla convention di Forza Italia. I cori "Berlusconi pezzo di merda", dicono però chiaramente che non siamo ad una convention di Forza Italia.
Prima di salire, in effetti, una responsabile dello Sziget, vedendo le bandiere, vedendo noi nerovestiti e pure un po' testerasati e sentendo gridare in coro Berlusconi... , aveva domandato un po' preoccupata che cosa stesse inneggiando la folla. Alla risposta " berlusconi asshole" il suo sorriso improvvisamente disteso ci dava il benvenuto sul palco di uno dei più importanti concerti di sempre.
Piombo-veleno-aurorasogna-colpoipisola-liberitutti, così giusto per gradire un po' di adrenalina made in italy e per convincere brano dopo brano i giovani rockettari che esistono modi diversi di sudare sopra e sotto il palco
E poi discolabirinto-nuvolerapide-aliscure-ilcentrodella fiamma-ilmiodj-nuovaossessione-activator-l'ultimarisposta-uppatriots-. giusto per per fare ballare in modo diverso e per fare capire che non siamo venuti dalla provincia dell'impero musicale a imitare inglesi e americani.
Inizia con berlusconipezzodimerda e finisce con un più internazionale "we want more we want more". In mezzo succede un po' di tutto, tipo Samuel che attacca a cantare activator sulla base del mio dj, ma l'umore è buono e ci facciamo tutti una bella risata tirando dritti e osservando il pubblico crescere pezzo dopo pezzo contagiandosi nella danza. Il nostro pubblico, insieme ai ragazzi italiani già frequentatori dello sziget ci regala un entusiasmo che in trasferta vale doppio, e che risulterà determinante per avvicinare sotto il paco diverse migliaia di spettatori incuriositi.
Scendiamo fradici di sudore ma visibilmente soddisfatti.
Io come a volte succede mi sono aperto il mignolo a forza di scazzottare la chitarra, ma un po' di sangue sul battipenna nel pomeriggio che prelude al "six six six the number of the beast" ci può stare elegantemente.
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