Partiamo da un presupposto fondamentale: per andare all’estero è necessario un documento valido, passaporto o carta d’identità che sia. Non la patente.
Ok?
Martedì 7 ottobre.
Si parte per la nostra trasferta europea.
Dopo sveglia inclemente alle 07.00 e passaggio datomi dalla mia gentilissima suocera fino in aeroporto, me ne arrivo bello bello al check-in ed estraggo orgoglioso la mia sdrucita patente targata 1990, con tanto di foto capellona (con la quale viaggio normalmente, perché la carta d’identità è scaduta). La signorina dall’altra parte mi guarda, scuote la testa e mi dice: “ma signore, questa non è valida per espatriare!”. Oh oh…il passaporto è a casa…uhmmm…casa…uhmmm…30 km di distanza…uhmmm…1 ora e ¼ di tempo alla partenza dell’aereo…uhmm…a casa non c’è nessuno...che cacchio facciooooooo?!?!? Intanto arrivano i miei soci, ascoltano il mio racconto e se la ghignano come dei bastardi ;-) Vabbè, decido di provare l’unica carta a disposizione. Chiamo il Mio Migliore Amico Fratello di Sempre, Alberto(alle 9-e costui è un vero rocker), gli spiego la situazione e gli chiedo di fare un blitz a casa mia, prendere il passaporto e portarmelo giù – ah, certo: ho già anche avvertito mio suocero di passare da casa, cercare il documento e aspettare l’amico. E manca un’ora. Il grandissimo Alberto accetta e si precipita alla carica. Il tempo sembra interminabile e io lo passo recitando tra me e me un rilassante mantra indiano (seiuncoglioneseiuncoglioneseiuncoglione), soprattutto quando l’amico mi chiama e mi dice che in autostrada c’è un incidente, per cui arrivare in tempo è piuttosto dura. Calma Vicio, calma.
Fortunatamente c’è qualcuno che dalle parti della Dea Bendata mi vuole bene e il nostro aereo accumula mezz’ora di ritardo. Nel frattempo Alberto si districa dalla coda e arriva con passaporto in mano: praticamente a check chiuso, ma ce l’ho fatta.
E allora via, più veloci della luce, verso la mia PRIMA volta a Londra! Ragazzi, me la meno da rocker vissuto, ma non sono mai andato in Gran Bretagna, per cui un esordio così me lo ricorderò per gli anni a venire.
Atterriamo a Stansted e c’è un bel bus ad attenderci, guidato da un attempato personaggio che sembra uscito da una pubblicità della birra Bulldog. Ci avviamo verso la città e sembra di vivere dall’altra parte dello specchio, con guida a destra, marcia a sinistra, rotonde al contrario e così via: ma ‘sti inglesi sono proprio strani, neh?! Londra è da subito magnifica: in periferia sembra di essere a Paperopoli, tra casette a un piano, giardinetti stra-curati e tante 313 parcheggiate vicino ;-)) il nostro hotel è in un quartiere chiamato Swiss Cottage e mai nome fu più azzeccato – case che sembrano tanti piccoli castelli e vie circondate da alberi enormi: mooolto Switzerland.

Oggi non abbiamo particolari impegni, se non quello di cazzeggiare per la città -seguiti fedelmente dalla telecamera del nostro video operatore di fiducia Moreto- quindi parte l’operazione “turismo subsonico”: pranzo greco, galleria Modern Tate (ma senza entrare), passeggiata lungo il Tamigi e giro sul London Eye, la notissima ruota panoramica.
Qua io,tra lo scherno dei miei compari, mi blocco e non salgo – vertigini e claustrofobia hanno la meglio sulla mia psiche. Uff…..
Il giro termina con birra al famoso Punch&Judy di Covent Garden (i Marillion ci fecero pure un pezzo intitolato così) e cena in ristorante Thai, dove sperimento l’intruglio più piccante del mondo – e detto da uno che ha parte di origini calabresi, qualcosa deve pur significare.
Prime impressioni con la testa sul cuscino: London (yeah!) è una città vivibile, accogliente e decisamente cosmopolita – oggi ho sentito poche volte il puro accento inglese.
Mercoledì 8 ottobre.
È il gran giorno del concerto al Forum, ma fino al tardo pomeriggio siamo in libera uscita. Sveglia alle 9.00, continental breakfast e meeting con Max, Ninja e Boosta per turismo cittadino (Samu? Non pervenuto all’incontro.). Siamo a due fermate di metro da Baker Street …Baker street? Ma certo: non è solo il titolo della canzone di Gerry Rafferty, quanto piuttosto la via della casa di Sir Sherlock Holmes – roba da non perdere. ;) non sono mai stato un grande fan dell’Ispettore, ma la casa/museo è affascinante e si respira una scricchiolante aria ottocentesca al suo interno, scaldato da camini accesi ad ogni piano.
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Non possono mancare le foto di rito, con pipa e cappello,ovviamente…
All’uscita ci separiamo – Max e Ninja al London Bridge, io e Bubu al Museo delle cere. Peccato che detto museo sia ingolfato di gente e bisogna fare almeno mezz’ora di coda. Io e il mio caro fratello abbiamo meno tempo che pazienza e decidiamo di buttare un occhio a Piccadilly Circus e dintorni: ci sono vetrine che espongono Rolex e Cartier come se fossero Swatch e abiti in cashmere a gogò. Bene. Quando rinasco miliardario ci ritorno. Ciao Ciao.
È quasi ora di pranzo e ce ne torniamo in hotel. Anzi. Prendo un famigerato bus rosso a due piani (che figo!) e mi faccio un giro a Camden Town, visto che è molto vicina a dove siamo alloggiati. Beh, per uno che è vissuto in zona Balon a Torino per svariati anni, è un po’ come ri-respirare aria di casa: abiti usati, chincaglieria varia, rock merchandise e gente di ogni tipo. Mi ferma addirittura un gruppo di ragazzi per autografo e foto…it’s only rock’n’roll, but I like it.

Sono così a mio agio che opto per saltare il delicato pranzo giapponese con gli altri in favore di una lauta pinta di birra, con salsiccia, patatine e fagioli. Vicio salutista magna, beve e vi saluta.
Altre considerazioni su Londra: è una città sempre più accogliente, tutto costa molto più del dovuto e la metropolitana è di facile interpretazione, pur avendo 14 linee (!).
Ma arriviamo al dunque: è ora del soundcheck, quindi ci dirigiamo in Highgate Road, sede del Forum. Bello, sembra proprio un locale di quelli che hai sempre visto nelle foto delle riviste musicali che contano, con la banda luminosa sopra l’entrata e un cartello che annuncia tutti i concerti di settembre e ottobre – Bloc Party, Jesus And Mary Chain, Ting Tings, blablabla e…Subsonica! Woooow! Siamo proprio lì in mezzo allo stardom dell’indie rock, cari i miei amichetti…




Il Forum è un posto assurdo, un teatro con platea e galleria sopra, pseudo stucchi ottocenteschi, sedili in velluto, aquile in marmo e chissà cosa altro. Osceno? Ma oui, madames et messieurs, così tanto osceno da essere persino figo. Ahò, qui è tutto al contrario, quindi anche il kitsch diventa cool.
Il check fila liscio, giusto per rendersi conto che ritorniamo per comodità tecnica alla vecchia formazione tre davanti-due dietro. Benissimo. Finiamo e me ne vado un’oretta in hotel con il Ninja a concentrare le energie e nel giro di un’ora sono pronto a dare tutto alla Swinging London. Ooooooh yessss!
Al nostro rientro, il Forum è pieno, anche se la maggior parte sembra essere di origine italiana. Ma chissenefrega? L’impatto dal palco è emozionante, non sembra di essere distanti 1000 km da casa. L’ascolto è perfetto (almeno nelle mie cuffie) e le luci viaggiano alla grande: pensate che il tecnico-residente qui del teatro-si è imparato il nostro repertorio da internet, per eseguire i programmi di light show al meglio! Quando si dice Professionalità…
Applausi, urla, emozione e si arriva alla fine, praticamente al momento dell’esecuzione di Ultima Risposta. Ecco…Samuel parla e ringrazia prima di iniziare la canzone e io,preso dal pathos londinese, decido di sonorizzare le sue parole con She’s Lost Control dei miei adorati Joy Division…ragazzi, siamo nel centro della new wave –posso perdermi un’occasione così? Ok, peccato che quando devo partire con il nostro pezzo, vengo preso da un’amnesia fantozziana e non mi ricordo più assolutamente le note, iniziando a sbiascicare una sequenza musicale a metà tra i Cure e Pino Daniele periodo Terra Mia. Dentro la mia testa si forma un fumetto con la faccia di Zio Paperone quando guarda Paperino che ha fatto una cazzata e fa “Tsk Tsk”. E di nuovo il mantra indiano di cui parlavamo a inizio racconto. ;-)
Comunque fighissimo.
In camerino ci sono italiani, torinesi (ciao Cosimo!), napoletani e anche inglesi, tra cui quel bel personaggio che è Steve Lyon – chi? Ma sì, il “tipo” che nel 2001 mixò Amorematico (ma anche collaboratore di una band nullità chiamata Depeche Mode).
Cosa dicevamo? Fighissimo. (Giorgio Valletta, se sei sei in linea ti chiedo scusa per averti rubato il copyright di questa espressione).
Giovedì 9 ottobre.
L’avventura londinese è finita, per cui ciao grazie & arrivederci.
Questo poteva essere un finale plausibile.
Ma vi sembra possibile buttare una mattinata intera a dormire qui, nel centro del mondo metropolitano?? Niet.
Un’altra colazione da calorie in esaurimento nervoso e mi unisco a una combriccola formata da: Cipo(fonico), Sem(fonico di palco) e Rudy (backliner). Incluso me siamo in quattro. E cosa si può fare a Londra in 4? La risposta è una sola: The Beatles! Ma sì, finiamo in bellezza il giro del vero tamarro e andiamo a farci la foto sulle strisce pedonali di Abbey Road, la mitica strada dove i Fab Four scattarono la copertina del disco intitolato proprio come la via (e dove ci sono gli studi di registrazione dove crearono tutti i loro album). Prova uno: macchina foto in mezzo alla strada, autoscatto e blocco del traffico – ci siamo! No. Le strisce non sono quelle giuste (guardare sul dizionario alla voce “gaggio”). Prova due: troviamo il giusto posto e un turista si prende a cuore la situazione, immortalando alla grande questo momento imperdibile di rimbambimento senile.


E sapete una cosa? Un po’ come tutti i migliori ristoranti ti lasciano un po’ di acquolina in bocca e i migliori dischi chiedono almeno dieci ascolti prima di essere capiti…beh, Londra mi ha fatto venire una gran voglia di tornarci.
Con il passaporto alla mano, stavolta.
Vicio
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