Concerto ad Alghero - 2200 persone
Sveglia e mare. Il Poetto è la spiaggia di Cagliari. A stento ci si ricorda di essere in un grande città sdraiati al sole in uno spazio così ampio. Purtroppo ci potremo godere il tanto sospirato mare solo per poche ore.
Oggi attraverseremo la Sardegna da sud a nord in un viaggio di circa tre ore per raggiungere Alghero. Memorie sparse ce la ricordano come roccaforte catalana, con tanto di idioma ancora in uso, e altre meno suggestive ci rammentano il ritornello di Giuni Russo. Comunque la curiosità è molta e ci pregustiamo una bella serata tra concerto e post.
Giunti sul luogo ormai in serata, ci fanno sapere che a causa di vari ritardi non avremmo comunque potuto effettuare il sound check. Per la cena raggiungiamo l’albergo, che in realtà è una specie di villaggio turistico con tanto di animazione aqua gymn e cantante confidenziale che snocciola il repertorio "spaghetti pollo insalatina una tazzina di caffè ... e la chiamano estate quest’estate senza teeee".
Fuggiamo subito, anche perché Cristina Donà dovrebbe iniziare a momenti. E invece no, pare che ci siano problemi con il carico elettrico troppo elevato per il gruppo elettrogeno presente in loco. Aspettiamo una buona mezz’ora. Alcuni tra il pubblico rumoreggiano, ma tutto sommato la maggior parte della gente chiacchiera tranquillamente. Un po’ di false partenze "ok andate … no aspetta … vai vai pure … cazzo è saltato di nuovo tutto" e finalmente - introdotta dalla presentazione di Max - Cristina incomincia il suo set. Morbidissimo, una carezza sonora di venti minuti, da ascoltare ad occhi chiusi godendosi l’aria di un luogo di mare, con improvvisi emozionanti applausi a metà dei brani ma contrappuntato dall’ululato di qualche imbecille in vena di protagonismo.
Cristina scende, e iniziamo, anzi no, sì vai vai, no aspetta … dai dai vai. Parte il concerto, un po’ disorientato dai problemi tecnici ma assestato già dopo due brani. La gente reagisce bene e si arriva al finale del primo set dopo un’ora.
C’è qualcosa di anomalo, inizialmente problemi tecnici, se ne discute bruscamente dietro il palco, vola qualche brutta frase di provocazione tra di noi che, mischiata all’adrenalina del concerto, alla stanchezza nervosa di una stagione live giunta quasi alla fine, fa esplodere la tensione. Tra di noi: è questo il particolare da tenere presente per capire tutta una serie di eventi che da lì prenderanno una brutta, bruttissima piega.
Si risale ed è subito chiaro che qualcosa proprio non và. Proviamo a sorvolare e quasi il concerto dopo tre pezzi sembra ritornare sui binari, quando improvvisamente salta di nuovo la luce. A quel punto Max, che si allontana dai camerini per riprendere concentrazione e allontanare le incazzature, si avvicina alle transenne. Un personaggio con barbetta e treccine, forse equivocando la pausa come voluta, forse infastidito da una frase che può aver inteso come troppo politica, in quel preciso istante si sta sgolando in direzione del back stage urlando cose del tipo "merrrrrrde siete delle mmmmmmerdeeeeee, cogliooooni, mmmmmmerrrde capito???mmmerde!!!!!!!!". La frase sbagliata, nel momento sbagliato, nel luogo sbagliato, alla transenna sbagliata, in direzione della persona sbagliata. Il presidente gli mette un braccio intorno al collo e gli domanda "e secondo te perché io, ad esempio, sarei una merda?" Il tipo risponde che ce l’ha con il gruppo senza capire di avere di fronte il chitarrista e dice "perché mi fa schifo!!!". "E se ti fa schifo perché non vai a farti una birra?" "Perché ho pagato ben dieci euro, ladri". A quel punto Max - dopo avergli sibilato un "allora aspettami qui coglione che ti vado a prendere dieci euro" - parte alla ricerca del portafogli in direzione dei camerini, dove incontra a Ivan, anche lui con l’ascia di guerra dissotterrata per aver notato il gruppetto di contestatori. Al ritorno verso il bizzarro personaggio - identificato da qualcuno come il cantante di una band locale di belle speranze presto caduta in disgrazia - i buttafuori bloccano Max con la banconota in mano pensando che voglia attizzare una rissa.
C’è da dire una cosa, i Subsonica sono strani, è come se il legame emotivo del momento fosse inscindibile dalla resa del concerto. Non è uno "spettacolo" dove si esegue un repertorio. Il concerto è qualcosa dove si sprigiona un’intesa alchemica o dove altrimenti fa tutto schifo. E mentre questi pensieri scorrono, il resto della band - già ritornata branco in procinto di risalire - vede il chitarrista che tenta di sganciarsi dai buttafuori e il folkloristico personaggio che gli inveisce contro "vieni quiiii coglioooone, meeeerde!!!" con Ivan che si sbraccia. Ci sono abbastanza elementi perché si scateni un parapiglia di dimensioni colossali e assolutamente grottesche. A turno tutti si sganciano gli ear-monitor che rimangono nelle mani del Ninja, istintivamente relegato al ruolo di magazziniere mentre gli altri partono per il fronte transenna. Samuel - manco il tempo di capire - scavalca l'ostacolo modello "Olio cuore" e inizia a roteare gambe e braccia coadiuvato e trattenuto da Boosta, Vicio solitamente più cauto va a difendere gli amici e si azzuffa con i buttafuori. Max scrollando la testa è già sul palco più incazzato che mai per l’epilogo assurdo.
Morale riprendiamo con la parte finale di “Perfezione”, seguita da “Liberi Tutti” in cui come se non bastasse si spacca pure una corda della chitarra, sostituita al volo dalla Fender di back-up che però è scordata: la suddetta diventa l’agnello sacrificale da immolare sull’avello. Gli altri scendono ancora più costernati e Max decide di lanciare simbolicamente il manico al pubblico. Gesto che alcuni interpreteranno come di disprezzo, altri come di violenza ma che nelle intenzioni è tutt’altro.
Qui succede assai di peggio, le persone sotto il palco, abbagliate dai controluce non vedono assolutamente partire il pezzo di manico che finisce sulla fronte di una ragazza che cade in terra per la botta ma soprattutto per lo spavento. L’idea sarebbe di riprendere comunque e di suonare i tre brani che ancora mancano. Ma non c’è più tempo e soprattutto ci viene comunicata la notizia che il lancio del manico ha fatto male a qualcuno. Chiudiamo con “Sole Silenzioso” e scendiamo immediatamente per renderci conto della situazione.
Max finirà per recarsi da solo al pronto soccorso per vedere che cosa è successo a Francesca, la ragazza in questione, e cosa ancora più assurda, per strada incontrerà il gruppo di provocatori. E qui succede un fatto surreale. Il ragazzo con le trecce, che si ritrova di fronte nuovamente il chitarrista, sempre pronto a risarcire il biglietto esternerà "... comunque ripensandoci io vi ammiro … davvero!". I soldi vengono comunque tirati fuori e il gruppo decide che dovranno essere utilizzati per una bevuto al locale "San Miguel" dove viene invitato anche il chitarrista stesso.
Max al pronto soccorso affronta amici e familiari di Francesca con la quale aveva già parlato sulla barella dietro il palco, spiegandole la assoluta mancanza di volontà di fare male a chiunque e contemporaneamente contemplando nel bozzo sulla fronte, il frutto della cazzata fatta. Il tutto si risolve con un bernoccolo e nel racconto di lei appare evidente quello che doveva essere evidente da subito. I Kilowatt abbaglianti dell’impianto luce sparati per lo più in fronte alla gente rendono assai pericoloso il lancio di qualsiasi cosa, più di quanto non si possa prevedere. Un’ingenuità pesante.
Insieme a Francesca e ai suoi amici, e ad Efisio una vecchia conoscenza, Max passerà il resto della serata. Serata che avrebbe dovuto essere completamente diversa per tutti quanti, in considerazione della bella risposta che la gente stava dando al concerto, dei chilometri fatti da un sacco di ragazzi che si sono mossi dal centro dell’isola. Tutto da rifare quindi in zona.
Il giorno successivo, in giro per la città si sentiranno i commenti più disparati "miiii … mia sorella è andata al concerto ieri sera e mi ha detto che prima il gruppo si è accoltellato in una rissa e poi uno ha spaccato la chitarra in testa ad una ragazza!" "No, ma và, ma dai".
Il servizio peggiore lo riserverà ai suoi lettori un giornalista dell’Unione Sarda. Evidentemente inviato per la cronaca dl concerto, non riesce a non cedere alla tentazione di un sensazionalismo alquanto disonorevole (un grande classico delle cronache locali in estate): "CHITARRA CONTRO IL PUBBLICO; RISSA CON I SUBSONICA; IL TASTIERISTA FINISCE KO".
Una ricostruzione piuttosto cubista che fornisce anche uno sviluppo dei fatti decisamente arbitrario. Non una parola su Cristina Donà, non una sul concerto (che comunque per un’ora e passa si è svolto in piena regola), una fantomatica testata che Boosta avrebbe ricevuto o inferto non si capisce, una prognosi di tre giorni, per una ipotetica testa rotta, e mille solite colorite divagazioni che purtroppo in questi casi non differenziano un quotidiano da un'altro. Ma un giornalista da un altro sì.
Alghero, al momento è etichettata nella casella dei rimorsi, per il concerto che avrebbe dovuto essere e per colpa nostra non è stato. Per le incomprensioni che nascono da fatti come questi, che si svolgono nell’arco di pochi minuti e che la gente tende giustamente a comprendere solo per sentito dire. Per l’accoglienza che è stata comunque riservata a chi di noi è rimasto. Al San Miguel, per la strada, sotto il sole di Alghero dove prima o poi torneremo a dimenticare questa brutta serata.
non abbiamo nessuna testimonianza fotografica dal palco
Privacy - Copyright ©2023 Subsonica.it - 08531080011
COMMENTI