Riportiamo il comunicato di "Torino Sistema Solare"
LA MAFIA NON PAGA LA CRISI
In Italia c’è un’azienda che non paga la crisi. Un’impresa che non subisce le conseguenze del crollo dell’economia industriale, che non conosce cassa integrazione e disoccupazione, che dalla crisi stessa trae vantaggi e profitti.
L’Azienda Mafia, la più grande impresa italiana, gode di ottima salute.
Trasformando in favore ciò che dovrebbe essere diritto, come il lavoro.
Trasformando in dipendenze le fragilità.
Il traffico di cocaina è un ramo d’azienda esemplare per produzione, diffusione, consumo: la globalizzazione consente una circolazione pressoché illimitata delle merci, favorendo lo sfruttamento di nuovi terreni e il conseguente aumento dell’offerta. Maggiore offerta, ma anche minore qualità, significano diminuzione dei prezzi.
La cocaina si trasforma quindi da prodotto élitario, costoso e puro, a prodotto di massa, tutto sommato economico e sempre più normale. Il cocainomane non si percepisce come drogato.
“La mafia non paga la crisi” mette l’accento sugli aspetti del traffico e sulle implicazioni economiche dell’acquisto di droga.
Perché noi cittadini qualunque la crisi la paghiamo, eccome. I consumatori possono essere lavoratori precari, in cassa integrazione, impiegati, operai, professionisti, giovani, adulti, persone affermate o alla ricerca di uno status sociale, che comunque non sanno, o non vogliono sapere, dove finiscono i soldi dati al momento dell’acquisto.
La mafia scavalca la crisi e ottiene così un fatturato di 130 miliardi di euro all’anno, di cui circa il 50% deriva dal traffico di droghe: 60 miliardi di euro!
Per avere un ulteriore metro di paragone, basta pensare al fatto che l’insieme di racket, usura e appalti produce solo il 20% del sopracitato fatturato.
130 miliardi di euro equivalgono al 7% del PIL Italiano. Un 7% che non diventa bene comune, servizio pubblico, redistribuzione del reddito, ma solo arricchimento e potere di pochi. Un 7% che contribuisce a mettere l’Italia in ginocchio.
Consumare cocaina è troppo spesso come guardare un film: non ci si rende conto di chi sta dietro la macchina da presa, di chi è coinvolto nel montaggio, delle dimensioni dell’operazione, del numero di attori e comparse. Pensare che tutto si limiti a spacciatore e consumatore rende l’acquisto più facile, privo di implicazioni civili.
Lo stato di schiavitù di chi coltiva la coca nelle piantagioni e lo sfruttamento spesso fino alla morte dei corrieri sono solo due aspetti, iniziali, della catena.
I territori colombiani e messicani mantengono ancora il primato produttivo (2000 tonnellate annue secondo le autorità colombiane), ma l’importazione dall’Africa è più semplice, perché segue rotte poco controllate e tristemente sperimentate: quelle del traffico degli esseri umani e della tratta della prostituzione.
Il consumatore è convinto di decidere solo per sé e per la propria vita e invece, come tutte le aziende che si rispettino, la mafia reinveste il denaro guadagnato in altre attività: il traffico di armi e di esseri umani, l’acquisizione di appalti, la corruzione, le violenze, le faide intestine e il mantenimento del potere sui propri territori. Soggezione, favori, paura.
Acquistare cocaina, una o mille volte, significa finanziare l’Azienda Mafia e contribuirne allo sviluppo.
Nella campagna inventata veicolata e finanziata in proprio da Torino Sistema Solare è la mafia stessa che provocatoriamente parla dei propri risultati, fiera e spudorata.
Se la mafia non paga la crisi, tu almeno non pagare la mafia.
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