veniamo poco da queste parti.
a malincuore.
la storia è sempre la stessa: il nostro concerto è una macchina
impegnativa che mobilita uomini e mezzi, cosi' bisogna sempre
pianificare al meglio gli spostamenti e tutto il corollario che poi
tanto corollario non è.
ma adesso ci siamo.
partiamo quieti da torino un venerdi' mattina e ci ritroviamo sotto
il cielo di palermo che per una volta, ahi voi, ha il colore del nostro.
pioviggina,un pranzo assassino ci intrattiene fino all'ora del sound -
check.
il concerto arriva in fretta.
il palazzetto non è gremito ma l'accoglienza merita un cenno
particolare.
non so se sia per il fatto che si viene giu' troppo poco o perchè
pochi siano i concerti da godere, fatto è che 2000 persone sembrano un
masnada.
il clima è eccezionale.
la nostra performance non delle piu' brillanti.
puo' succedere che gli sbagli che commettiamo sul palco si riflettano
sulla nostra percezione del concerto.
ma, a quanto vediamo, gli unici critici siamo noi.
questo mi consente di aprire una parentesi.
questo concerto è uno spettacolo, nel vero senso della parola. per noi
è un orgoglio portarlo in giro e potere stare sul palco è un
privilegio che non dimentichiamo mai di onorare.
è piuttosto fastidioso riflettere sul fatto che gridare un paio di
volte in meno "su ste mani" e sculettare leggermente piu' sul posto
possa essere sinonimo di freddezza e di distaccamento da quella che
la nostra Vita.
ma tant'è.
il libero arbitrio è sovrano cosi' ognuno la pensi come piu' gli garba.
noi continuiamo a divertirci consapevoli di avere un' immensa fortuna.
questo e altro diventa il tema del pranzo del giorno successivo.
mentre attraversiamo la sicilia per dirigerci nel catanese
riascoltiamo la registrazione del concerto di varese e appuntiamo un
pò di cose da correggere.
il sound check è lungo.
ma il concerto vola in un attimo.
devo onestamente ringraziare tutti i volti siciliani che raccontano
gioia nel guardarti.
il concerto è bello.
poi la festa.
ci trasferiamo allo zoo.
a turno la consolle viene pasticciata da tutti e il clima è super
rilassato.
insomma, ci si diverte, e di questi tempi non è poco.
si beve, si chiacchiera, si suona, si perde giacca e passaporto, si
sbaglia strada.....tutto come al solito, grazie al Cielo.
il risultato di questa trasferta si imprime nelle nostre teste.
che bello venire giu' a suonare!
ma anche che bello stare su a suonare, e ancora che figo il centro
Italia per suonare.
in definitiva.
ovunque uno possa essere, una comunione sotto il semplice comune
denominatore del divertimento condito da musica è un' ottima risorsa
per allungarsi la vita.
o no?
Boosta
Sulla pagina di My Deejay dedicata ai Subsonica si può ascoltare il remix di Boosta de L'Ultima Risposta al link http://mydeejay.deejay.it/subsonica
oggi apro il portatile per il diario di bordo di Udine e soffermandomi sulla carrellata di msg in bacheca mi ritrovo picevolmente coinvolto a rispondere. Prendo spunto dai ripetuti giovanilisti e infuocati msg di tale Davide per poi cercare di accennare a qualche cosa più in generale. Dunque Davide afferma con veemenza, dimostrando tutta la foga di un'età nella quale il mondo si taglia con il trinciapollo senza andare troppo per il sottile, che apparire tramite il mezzo televisivo significa accettare quanto di peggio esiste nella società. In buona sostanza. Rispondo alle sue sempificazioni con una semplificazione. Devo innanzitutto confessare che sono inguaribile nel provareistintivamente simpatia per le visioni radicali applicate alla musica, ovvero ciò che mi emoziona non lo voglio spartire con chi non ritengo all'altezza o con un mondo che voglio tenere fuori dalla porta. Ho ragionato così per molti anni, molti anni fa. Provo simpatia anche per tutta la forza che impregna talvolta l'ingenuità. Senza l'ingenuità spesso manca anche il coraggio di muovere passi importanti in una direzione che segnerà per sempre la tua vità. Ora non è mia intenzione mettermi a fare il Galimberti in saldo, ma gli stessi Subsonica senza una iniezione di sana ingenuità non avrebbero avuto lo slancio per essere quello che, piaccia o meno, sono diventati.
La cosa più ingenuamente equivoca nel punto di vista dei Davidi di turno è il presupposto che tutto il resto del mondo abbia la propria stessa età, la stessa concentrazione sulla musica e il tempo per rimanere sintinizzato sui dettagli che lui , giustamente per stesso, ritiene fondamentali. Ora io, personalmente non amo la televisione, non seguo la maggiorparte dei programmi che determinano il costume, sono uno da history channel e da rai news 24 insomma. Devo dire però che talvolta spazi come quello di Fazio, dove le persone si raccontano, dove Luciana -che è anche un'amica- non manca mai di strappare qualche sana e intelligente risata, quando capita li seguo piuttosto volentieri (insieme ai vari Report e ai talk show sulla politica estera). Non trovo davvero nulla di male a pensare di inserire una canzone dei Subsonica in quel contesto. E' vero che il tipo di ambiente è più idoneo al clima della canzone d'autore (dietro le quinte Michele Serra si è candidato come front man della band), ma tutto sommato credo che un pubblico attento a avvezzo a ascoltare storie e parole nelle canzoni, possa essere incuriosito da un testo come quello dell'"ultima risposta". Magari resta un po' stranito dal ritmo roboante o dai sintetizzatori spremuti, ma a me sinceramente il confronto con un cinquantenne appassionato di De Gregori stimola. Ed è questo il punto, la televisione ti permette di entrare i contatto con persone che nemmeno sanno che è uscito un album dei Subsonica e hanno invece tutti gli enzimi per poterlo tranquillamente apprezzare. La prova del nove di questo discorso è rappresentata dalla quantità di msg di mei coetanei (ultra 40 y) che puntualment ricevo dopo un passaggio televisivo come questo. Persone che hanno una vita più complicata e affannata rispetto alla generazione my space o a coloro che hanno temo di cercare su you tube i clip, o di gironzolare in rete sui siti musicali. Ma contemporaneamente gente appasionata di musica che mi interessa informare del fatto che dopo un anno di lavoro duro e intenso abbiamo fatto uscire "l'eclissi".
La trasmissionendi Fazio, sotto questo aspetto è uno spazio quasi su misura. Faremo anche altre (poche) apparizioni più generaliste, sempre con lo scopo di far sapere che esiste un uovo album con delle nuove canzoni a chi ancora non lo sa, magari perché non segue più da un pezzo le riviste musicali o perché vive in realtà di provincia lontane dal circuito vivo e pulane delle grandi città . Perché oltretutto canzoni come quelle dell'"eclissi" sono sovente giudicate troppo impegnative e complesse anche solo per la normale programmazione radio Poi se questa la si voglia chiamare pubblicità o commercializzazione, a noi francamente importa poco. Sono sempre più numerosi gli inviti che decliniamo (perché giudichiamo svilente il contesto) rispetto a quelli che accettiamo. Quando ci viene consentito evitiamo di fare playback, anche se molto spesso suonare dal vivo prevede costi maggiori (strumentazione-tecnici) che le trasmissioni non sempre hanno intenzione di affrontare.
Concerto di Varese smemoratezze e presunte freddezze. A Varese è semplicemente successo che Samuel aveva grosse difficoltà audio, i quanto il suono diffuso nel palazzetto ritornava sul palco sfasato armonicamente. Nel tentativo di concentrarsi sulle tonalità e nel disappunto provato per la difficoltà sono saltate alcune parolee in generale si è divertito meno del solito. Per quanto riguarda il resto della band (ch ha invece ascolti in cuffia) il concerto è stato vissuto con grande intensità, almeno questo è quanto a noi è risultato dal palco.
C'era una volta, in un mattino dorato dal sole, una grossissima casa con le ruote alla ricerca di un luogo sicuro dove sostare tra le strettissime vie del centro di Verona.
L'aria profumava di un ingannevole odore primaverile ma il freddo pungente ristabiliva il giusto ordine delle cose. Febbraio è un mese freddo, anche se la voglia che questo inverno finisca è forte, un inverno fatto di luoghi persone ricordi e solitudine.
Uno di quegli inverni freddi e senza neve.
Sei figure raggomitolate nei loro mantelli, scendono in fila indiana dal portello laterale. Il primo di loro tiene in mano una scatola magica.
"cosa dice, ivan?" chiedo.
"cosa?" mi risponde ivan con aria assorta.
"il navigatore!" rispondo.
"Ah! beh! Circa trecento metri." mi dice sorridente.
"ok andiamo" esclama convinto.
Ci mettiamo in marcia con un andamento confuso quasi come se da un momento all'altro la strada dovesse scomparire da sotto i piedi.
Ivan, con in mano la scatola magica, pilota il drappello con sicurezza e determinazione, fino a quando uno di noi gli fa notare che stiamo girando in tondo da circa dieci minuti.
Questo getta il gruppo in quel leggero stato di confusione, che in genere ci fa sbagliare strada.
Filiamo via come fantasmi tra la gente che affolla il centro, negli anni abbiamo imparato ad attraversare popolatissimi luoghi senza lasciare la minima traccia del nostro passaggio.
"Eccoci" urla ivan...
La voce proviene da un piccolo vicoletto sulla destra della strada centrale. Distratti dal fatto che ci troviamo di fronte alla casa di Romeo o Giulietta...boh, che per la festa di san Valentino ha attirato a se orde di innamorati, pronti ad immortalare i loro sentimenti con foto o con piccole scritte sui muri
circostanti, non ci rendiamo conto che ivan ha trovato qualcosa.
Una vietta quasi trasparente, invisibile, si apre sotto i nostri sguardi increduli, e ne veniamo inghiottiti subito.
Ivan, con l'aria di chi ha appena trovato un tesoro, ci aspetta sulla porta della locanda che ci ospiterà per il pranzo.
Non capita spesso di passare del tempo nel centro della città in cui hai suonato, i palazzetti generalmente sorgono vicino all'autostrada, e i tempi di spostamento da una città all'altra sono lo spauracchio di tutta la produzione.
Dobbiamo abituarci all'idea che quello che portiamo in giro è uno spettacolo fatto di molte persone che lavorano duramente per far girare tutto e noi siamo parte di un ingranaggio da oliare alla perfezione. Il ritardo e le visite di piacere non sono contemplate. Ma oggi gira così e Verona è bellissima.
Entriamo.
Il mio sguardo viene subito rapito da un piccolo sciame di streghe con manico di scopa appese al soffitto irrigato da enormi travi in legno scuro. I muri sono tappezzati da foto di artisti, attori, comici uno di quei luoghi dove puoi far decollare l'immaginazione, dove il tempo sembra si sia fermato e i personaggi delle foto hanno sguardi sorridenti, rasserenanti, tutti amiconi.
Ma la mia attenzione, notoriamente labile, si sofferma sulla foto di un signore a torso nudo che cavalca un bellissimo purosangue.
Foto che fa riaffiorare in me la leggendaria storia di mio padre che negli anni 70 dopo una serata con amici tornò a casa ubriaco brandendo il contratto d'acquisto di un cavallo a monta americana.
Storia che ovviamente non posso suffragare data la giovanissima età dell'epoca ma che negli anni si è evoluta fino al punto che qualcuno giura di averlo visto cavalcare il destriero in pieno corso Giulio!
Cullato da questa immagine e dall'atmosfera decisamente rilassante pranzo e ci rimettiamo in marcia.
Il sentiero che ci riporta alla nostra casa viaggiante è incredibilmente piú corto e nel giro di mezz'ora siamo gia lanciati in autostrada alla volta di Varese.
Il palazzetto è fatiscente, in pratica cade a pezzi, ma tutto è pronto per le prove. Come ogni giorno i nostri tecnici hanno fatto l'impossibile dormendo poche ore e correndo da una città all'altra per darci la possibilità di salire sul palco.
Ci attiviamo.
Prove, massaggi, alcuni mangiano altri no! E ci prepariamo al concerto.
Mi piace osservare il palazzetto che si riempie, guardare le persone che a gruppi entrano e prendono posto. Osservare l’aspettativa nei loro occhi paradossalmente mi rilassa.
Allora mi posiziono come al solito vicino al palco in una di quelle zone dove stazionano gli imballi delle casse e delle luci, vengo scambiato per un facchino, e devo pure spostare una transenna visto che il promoter sostiene che ”li dovè non va bene”
Ma non me ne curo, lo faccio e basta, visto che la cosa mi fa sempre un sacco ridere.
L'ultima cosa a cui pensa il personale che lavora nei palazzetti, guardandomi, è che io sia il cantante del gruppo che sta per salire o è appena sceso dal palco..
Molto probabilmente devo rivedere qualcosa nel mio look.
Addirittura una volta dopo un concerto, telefonando, sono distrattamente finito fuori dal palazzetto, hanno chiuso e non mi volevano far rientrare.
Fortunatamente arriva sempre Ivan, che per altro viene riconosciuto subito e mi salva quasi sempre, cazziandomi per il fatto che non dico mai chi sono, ma non ci riesco proprio a pronunciare la mitica frase “Lei non sa chi sono io” è più forte di me, preferisco continuare a spostare transenne .
Il concerto inizia, e miracolosamente passiamo dal essere ectoplasma a carne e ossa.
Per i primi due pezzi fila tutto liscio.
Poi?
Poi succede di tutto!
Le mie orecchie decidono di andare in vacanza, la mia concentrazione pure, e anche il sint di Discoteca labirinto, che dobbiamo spostare nella seconda parte del concerto. Panico!
Sento le tastiere di boosta suonare in una tonalità e la chitarra di max in un’altra.
Li guardo sornione pensando ad un errore umano, ma vedo che continuano a suonare con tranquillità preoccupante per me.
La sensazione è devastante, non riesco ad intonare nulla, cerco di concentrarmi su qualsiasi cosa che mi possa dare un riferimento ma il riferimento non arriva, sbaglio così l’ingresso di molti brani e quelli che azzecco li canto stonati.
Penso che se per sfiga c’è in sala qualche giornalista al quale sto antipatico si starà godendo il concerto più di qualsiasi altro mai visto.
Distrutto nella psiche trovo il coraggio di guardare il pubblico. E vengo piacevolmente stupito. A differenza di quello che ho nella testa vedo le persone felici, sorridenti, prendersi a spintonate lanciandosi in balli sfrenati e cantando a squarciagola ogni parola, sorridendo quando sbaglio.
Questa e’ la fortuna di avere un pubblico come il nostro. Che ti vuole bene.
Il mio orgoglio fa il resto, come in uno di quei film in cui il protagonista a dieci minuti dalla fine e’ steso, esangue, poi si rialza e fa il culo a tutti, reagisco.
Non la definirei proprio una prestazione ottimale, ma pareggio i conti, grazie anche ad un ultima parte in cui il concerto sale d’intensita, e ai miei soci che non sgarrano una virgola.
Rientro nei camerini amareggiato, pensando di aver perso il “mai più moscio“ dell’intonazione, deciso a cambiare mestiere, convinto che la vita non abbia più senso, ma nel momento piu’ alto di autocommiserazione, incontro Sem il nostro fonico di palco, che mi dice di aver provato lo stesso sbilanciamento armonico che ho avvertito io, che era frutto della somma di armoniche che, in quel palazzetto, risuonavano in quel modo……… bla bla bla….la definizione che mi è stata data e “Flangering”
Vado in doccia sollevato, ma non ancora convinto.
Il resto va da se, stremati da tre concerti rientriamo nella nosta accogliente casetta con le ruote, percorriamo l’autostrada che ci porta in albergo a Milano.
Un albergo posizionato incredibilmente tra l’Hollywood e il Tokeville in pieno centro,
niente di piu distante dal nostro umore e dalla comodità di parcheggio.
Ivan con il coraggio di un paracadutista si infila con il camper nella strettissima stradina dell’hotel che verso l’una e mezza di sabato sera ha la stessa densità umana di New York in orario lavorativo.
Scendiamo avvolti nei nostri mantelli e fluttuando invisibili dribbliamo calciatori e veline intenti a succhiare il midollo della vita, scomparendo nelle nostre stanze.
Il facchino
Mi sveglio con un po’ di malditesta e brividini, classica sensazione da febbre in arrivo. Pessimo segno. I miei conti con l’influenza per questa stagione sono già stati regolati. Forse non completamente. Suona il telefono della camera, la voce di Ivan “tra venti minuti giù”. Scendo con valigia, borsa e il maipiùsenza umidificatore con essenze balsamiche. In barba allo stereotipo del rocker, è questo l’oggetto che mi permette di sopravvivere al riscaldamento ad aria che mi rende secco come un cabernet.
Il viaggio verso Verona è silenzioso. Max si è rintanato nel lettino posteriore del camper, Samuel è in mansarda che dorme, Vicio di fronte a me ascolta l’ipod a volume warp. Boosta è già stato teletrasportato a Verona con Alle. Io sono completamente assorbito da “Non toccare la pelle del drago” di Genna. Meglio tardi che mai.
Jessica prepara i nostri camerini con una cura straordinaria. Non abbiamo richieste esose, qualche tramezzino per chi non cena prima del concerto e un frigo con un assortimento basic di liquidi. Quelle due candele, quell’avvolgente divanetto con i cuscinoni vicino al tappeto, quel barattolo di Nutella di fianco alle fettine di pane sono un di più che ci mette assolutamente a nostro agio. L’atmosfera è ulteriormente rallegrata dalla lettura dell’imperdibile testo di “meno male che silvio c’è” pubblicato da Repubblica online. Sperando che diventi l’inno ufficiale del pdl, non vedo l’ora di poter ascoltare questo delirio musicato.
E poi c’è Mirco. Lui risolve problemi. E lo fa senza che tu nemmeno te ne accorga. Ieri a Udine ho rotto tutti e due i piatti crash. Ho mandato un messaggio a Gianluca Aramini dopo il concerto e lui mi ha incredibilmente risposto subito dicendomi che mi avrebbe senza problemi messo a disposizione due nuovi Paiste al magazzino di Bologna. Affido dunque la sera stessa la faccenda a Mirco, che il pomeriggio a Verona mi accoglie con un semplice e diretto “ok”. I piatti nuovi sono già montati alla batteria. Fra l’altro scopro che durante la notte ha dovuto affrontare guai ben più gravi: il motore del tour-bus che stava portando tutti i tecnici verso il palazzetto è esploso. Nessuno di loro ha praticamente dormito. Ma il sorriso è quello di sempre.
Mi limito a un brodino per cena. Non va proprio. Il brindisi propiziatorio me lo passo con un termometro in bocca. Mi siedo sulle scale dietro il palco mentre l’intro sta già andando. Svengo? No non svengo. Svengo? No non svengo. Per i primi due pezzi cerco di muovere solo mani e piedi riducendo al minimo lo sforzo. Le energie tornano. Andiamo. Il concerto è veramente potente. Vedo due generazioni di fianco, papà e figlia che scandiscono, con le mani alzate, le parole all’unisono con Samuel. Impattare per così poco tempo con così tanta gente in modo così emozionalmente coinvolgente è straordinario. Stasera sono i pezzi con la cassa in quattro che spingono. Ce ne accorgiamo tutti tanto che Samuel dedica all’Alter Ego “Al centro della fiamma”. Noi siamo coinvolti e divertiti ma soprattutto concentrati a non ripetere le “sbavature” tecniche della serata precedente.
La temperatura è altissima, non solo quella della serata: opto per una doccia tonificante. Quando risaliamo sul camper il freddo è pungente, c’è un coraggioso manipolo che ci attende per un saluto, mi colpisce il tono di un “ciao Enrico”. Sto bene ma è meglio terminare la serata in albergo. Un sorso di quel meraviglioso ritrovato della tecnica farmaceutica che è il vicks medinait e spengo la luce, non prima di aver installato l’oscuro signore dell’aria, il demiurgo del clima notturno, l’umidificatore.
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